I senza casa al tempo del coronavirus
Le recenti ordinanze che limitano gli spostamenti nell’ottica di rallentare la diffusione del nuovo coronavirus, riducendo le attività a quelle indispensabili, chiedono responsabilità alla cittadinanza e sono pienamente comprensibili e sottoscrivibili da chi opera nei servizi di bassa soglia, perché ispirate esattamente ai principi di riduzione del danno e contenimento dei rischi sanitari.
Tuttavia, norme e prassi di comportamento applicabili, non senza qualche sacrificio, dalla maggioranza dei cittadini diventano di difficile o impossibile attuazione per alcune delle persone più fragili e marginalizzate, fino ad assumere i contorni della beffa per chi, senza dimora e senza documenti, rischia la denuncia e conseguenze normative, perché una casa in cui “restare” proprio non ce l’ha.
Le ordinanze hanno costretto molti servizi di bassa soglia per le tossicodipendenze a chiudere o a ridurre al minimo le attività, per cui è estremamente difficile per un consumatore di eroina o cocaina senza dimora reperire siringhe pulite o passare qualche ora in un dropin, dove ricevere quel sostegno minimo per la salute e l’igiene personale. Un destino simile a quello che sta affrontando un senza dimora, magari straniero e privo di documenti, ma con l’aggravante (di non poco conto dal punto di vista sanitario) della dipendenza da sostanza.
A Torino, dove il Gruppo Abele opera da oltre 50 anni, questa settimana è stato riattivato, con orario ridotto, un servizio di distribuzione di materiale sterile presso il dropin dell’ospedale Amedeo di Savoia, mentre tutte le altre attività del dropin stesso e gli altri presidi metropolitani gestiti dal pubblico e dal privato sociale sono chiusi per impossibilità di attenersi alle disposizioni delle ordinanze.
Lasciare un esercito di persone fragili deprivate anche di quel poco cui potevano accedere, non produce soltanto una inaccettabile ingiustizia nei loro confronti, ma anche una notevole criticità per la salute pubblica, sia direttamente (rispetto alla diffusione del nuovo Coronavirus) sia indirettamente, con il prevedibile incremento di altre infezioni correlate a comportamenti e stili di vita obbligatoriamente più a rischio (HIV ed Epatite C in primis). In un tempo in cui il SSN è sotto pressione, qualunque decisione sbagliata presa oggi rischia di far saltare gli equilibri, irrimediabilmente, domani. Lasciare ai margini le persone fragili per mancanza di risorse economiche, o peggio per volontà politica, in momenti di emergenza come l’attuale, può tradursi in un boomerang economico e sociale rilevante. #vorreirestareacasa è l’urlo silenzioso che si alza dalle periferie delle nostre città, amplificato in questi giorni dall’associazione Avvocato di Strada e a cui anche il Gruppo Abele si unisce. Sapremo ascoltarlo? Ci volteremo dall’altra parte? E con quali conseguenze?