Il puparo e la cantastorie che fanno rivivere Lea Garofalo
Lo spettacolo sulla testimone di giustizia uccisa nel novembre 2009 dal suo ex compagno, il boss 'ndranghetista Carlo Cosco, andrà in scena per la prima volta a Roccella Ionica il primo agosto. E poi proseguirà il tour in giro per l'Italia
Un puparo e una cantastorie insieme in uno spettacolo che fa rivivere Lea Garofalo, la testimone di giustizia uccisa nella notte del 23 novembre 2009 dal suo ex compagno, il boss ‘ndranghetista Carlo Cosco: una pièce che andrà in scena, per la prima volta, a Roccella Ionica (teatro al Castello) il primo agosto. E poi proseguirà il tour, in giro per l'Italia. Il puparo si chiama Angelo e la passione per la propria terra ce l'ha scritta persino nel cognome, "Sicilia". Nato e cresciuto a Palermo, è innamorato delle tradizioni ataviche intrise di racconti, narrazioni, ritmi e voci che “sono custoditi e protetti gelosamente per essere tramandati di padre in figlio — spiega —. Non appartengo a una famiglia con questa tradizione e mi sono incuneato tra le pieghe di questi costumi, per cambiarli dall’interno”.
La cantastorie Francesca Prestia si affaccia invece dall’altra sponda dello Stretto di Messina, quella di Scilla. Originaria di Crotone, ha imparato ad apprezzare e amare i canti tradizionali quando, con i suoi nonni, assisteva alle feste in piazza animate dai suoni dei tamburelli e dalle donne che si muovevano al ritmo della tarantella. Anche Francesca si è innamorata delle tradizioni e anche lei, come Angelo, ha deciso di cambiarle. È questa la biografia che accomuna i due percorsi artistici della cantastorie e del puparo, e che sfocia nello spettacolo dedicato a Lea Garofolo.
Tradizione e attualità
Lavialibera li ha intervistati per capire come nasce la loro arte e lo spettacolo dedicato alla testimone di giustizia: parlare di attualità delle tradizioni non è una contraddizione in termini, quasi un ossimoro? “Un cantastorie calabrese come me non può, attraverso le proprie narrazioni, ignorare le due piaghe presenti in Calabria: la disoccupazione e la ‘ndrangheta. Volutamente antepongo la prima questione alla seconda — precisa Francesca Prestia — poiché reputo che senza lavoro si sia ricattabili, schiavi della criminalità organizzata nel momento in cui le sue maglie ti intrappolano. Eppure, dopo diciotto anni dal mio debutto, noto ancora delle resistenze: l’argomento continua a urtare”. Non è solo il tema trattato a suscitare fastidio, ma anche chi lo tratta: “Quando ho iniziato la mia attività, mi sono dovuta scontrare con ritmi e voci declinati al maschile: la zampogna e l’organetto, per esempio, non hanno tonalità femminili. Non solo. Le opere erano declamate di fronte a un pubblico unicamente maschile; alle donne era concesso partecipare a qualche spettacolo in giorni precisi, ma solo se accompagnate dal padre, dal marito, dal fratello”.
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L’opera dei pupi e delle pupe antimafia nasce vent’anni fa. “Il teatro tradizionale delle marionette — spiega Sicilia — è tipico del Meridione: Puglia, Campania, Calabria e Sicilia la quale, dagli anni 70, ne è diventata la roccaforte. Sentivo forte l’amore per questa tradizione, ma altrettanto impetuosa la necessità di svecchiarla”. Nel 2002, l’incontro che cambia la vita di Angelo Sicilia. “In quel periodo vivevo a Cinisi, dove ho conosciuto Felicia Bartolotta, la mamma di Peppino Impastato. Ne sono rimasto affascinato, colpito, ammaliato. Una donna dal coraggio e dalla forza unici. Da lì l’intuizione: realizzare uno spettacolo dei pupi sulla vita di Peppino Impastato. Scelsi la piazza di Cinisi come luogo per il debutto. C’era anche Felicia: non usciva più di casa, ma mi aveva promesso che sarebbe venuta alla prima. Ha mantenuto la promessa”. Angelo Sicilia ha raccontato le vite di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Lia Pipitone, Giuseppe Di Matteo. Ma anche di Martin Lutero. “Quando ho portato in Calabria lo spettacolo a lui dedicato, ho incontrato nuovamente Francesca Prestia, che avevo già avuto occasione di conoscere nell’ambito della rassegna culturale “Trame” a Lamezia Terme. In quel contesto ha preso forma la decisione di spostare la nostra attenzione sulla ‘ndrangheta e di scegliere una donna simbolo della rottura degli schemi culturali: Lea Garofalo, alla quale Francesca ha dedicato la sua omonima ballata”.
I progetti futuri
Sono seguiti mesi di studio e approfondimento da parte di entrambi, per non lasciare nulla al caso. Angelo, per esempio, ha insegnato a Francesca come differenziare le voci di più donne presenti in una stessa scena. Il copione è stato scritto a quattro mani, durante i mesi del lockdown. “Questo è il valore aggiunto del nostro lavoro — ammettono — che ci ha permesso di dare voce e anima a tutti i personaggi principali, maschili e femminili, della vicenda. Lo spettacolo si conclude con momenti drammatici: Denise che resta da sola con il padre e che comprende cosa possa essere accaduto alla madre”. Angelo Sicilia e Francesca Prestia sottolineano con convinzione che amano “fare militanza attraverso l’arte, sui nostri territori”. La magia di questo progetto sta anche in una gara di solidarietà attivata da alcune realtà del nord Italia: Bergamo, Monza-Brianza, la Valle d’Aosta. I rispettivi coordinamenti di Libera, infatti, hanno attivato una raccolta fondi per sostenerlo, Acli di Vimercate, insieme a Cgil Monza-Brianza, Cisl Monza-Brianza-Lecco, Spi-Cgil Monza-Brianza, Fnp-Cisl Monza-Brianza, Coop Lombardia (comitato soci di zona di Arcore Villasanta, Monza, Desio, Muggiò), Casa della Poesia di Monza, associazioni Amici Boscherona verde viva, Mia e Zeroconfini: “Abbiamo già altre idee in cantiere: realizzare uno spettacolo teatrale sulle vite di Felicia Impastato e Saveria Antiochia”.