La “fabbrica della delinquenza”. Il Gruppo Abele e il carcere minorile

“Il Gruppo Abele rifiuta qualsiasi tipo di intervento autoritario e punitivo: l’istituto, il riformatorio o il carcere non servono a recuperare coloro che hanno sbagliato”.

Così i giornali testimoniavano l’azione di protesta organizzata dal Gruppo Abele nel 1973 con obiettivo il carcere minorile Ferrante Aporti.

All’esterno della tenda allestita in Piazza Carlo Felice, davanti alla stazione di Porta Nuova, erano esposte le immagini testimonianti le condizioni di vita all’interno del Ferrante Aporti così come di altri istituti penitenziari del paese. I militanti erano impegnati in un’opera di sensibilizzazione della cittadinanza, proiettando filmati e distribuendo materiale informativo.

Il Gruppo Abele aveva iniziato a frequentare con continuità il carcere, coinvolgendo i ragazzi rinchiusi in attività ricreative e culturali e portando avanti una piccola indagine.

Analfabetismo e difficoltà nella frequenza scolastica, traiettorie di migrazione dal sud del paese ad accomunarli.

Nelle parole di Luigi Ciotti:

“Delinquenti non si nasce, si diventa.

Nel febbraio di un anno fa, su 54 ragazzi ospitati dalla sezione di custodia l’89 per cento non aveva finito la scuola dell’obbligo, il 26 per cento non aveva finito nemmeno le elementari.

Dei loro genitori, il 46 per cento non aveva portato a termine le elementari, il 64 per cento era arrivato a Torino dal Sud, dalle Isole.

Questi ragazzi provengono dalle classi più povere: e non si tratta di un caso”.

Famiglie con problemi variegati, difficoltà di accesso al mercato lavorativo, elementi che ritornano nell’attualità, quando sui muri del Ferrante Aporti le scritte non sono più in siciliano ma in arabo o rumeno. I processi di esclusione si ripetono.

Guarda la galleria di articoli tratti dai giornali dell’epoca che documentano la protesta

Nel 1973 gli attivisti del Gruppo Abele chiesero di condividere la quotidianità dei detenuti per una settimana, con lo scopo di prendere i contatti con il loro vissuto.

Già allora Luigi Ciotti poneva una ferma resistenza all’idea di investire una enorme quantità di denaro pubblico nella riqualificazione della cadente struttura carceraria che non sarebbe nemmeno dovuta esistere.

Il Gruppo Abele continua a chiedere che le carceri minorili vengano chiuse e sostituite da misure alternative, comunità alloggio o le case di custodia ieri, altre possibilità educative oggi e di reintegrazione oggi.

Per fare in modo che le vite dei giovani detenuti nella carceri minorili non spariscano dietro le sbarre è necessario continuare a proporre occasioni di confronto e dibattito sul tema.

 

Il 28 febbraio alle ore 15,30

In via Saragozza 9, Bologna

Istituto di istruzione superiore “Crescenzi Pacini Sirani”

Si terrà l’incontro

Crescere in area penale

Partecipano al confronto: Salvatore Inguì (Direttore Ufficio Minori di Palermo), Luca Rizzo Nervo (Assessore welfare e salute, nuove cittadinanze e fragilità del Comune di Bologna), Filippo Milani (Teatro del Pratello), Giuseppina Speltini (Università di Bologna), Giulia Carati (Gruppo carcere Libera Bologna), Carla Brezzo (ConCittadini), Cristina Liberatore (Istituto Crescenzi Pacinotti Sirani).

Coordina: Sara Donini (Università della Strada Gruppo Abele).

Per iscrizioni: sara.donini4@unibo.it

Scarica l’articolo “Il Gruppo Abele al carcere minorile di Torino Ferrante Aporti” proveniente da Studium Educationis vol. 3, n° 1 del febbraio 2010

Scarica lo studio condotto da Monica Cristina Gallo e Cecilia Blengino Giovani dentro e fuori. Un’indagine per conoscere la popolazione giovanile nella Casa Circondariale di Torino

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