"La didattica a distanza non è più un'opzione"
Dopo la protesta di studentesse e studenti, anche insegnanti e genitori chiedono un ritorno in classe full time. A Torino istituito un presidio settimanale.
Hanno deciso di istituire un presidio settimanale ogni venerdì pomeriggio. Non si fermerà la protesta di insegnanti, genitori e studenti che ieri hanno manifestato davanti al municipio di Torino per chiedere un ritorno full time in classe. Per loro la didattica a distanza (cosiddetta dad) non è più un'opzione. Non basta quanto fatto dalla regione Piemonte che per il 18 gennaio ha dato il via libera per un rientro parziale di studentesse e studenti delle scuole secondarie. Ragazze e ragazzi si alterneranno tra banchi di scuola e scrivanie o tavoli in casa, poiché è stata prevista – divisa equamente – sia la modalità in presenza sia la modalità a distanza. Saranno gli ultimi, in ordine di tempo, a poter tornare a vivere il gruppo classe: gli studenti delle classi seconde e terze delle scuole secondarie di primo grado sono infatti tornati in aula lunedì 11.
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Dopo gli studenti, ora anche insegnanti e genitori contro la dad
Torino, Anita Iacovelli, studentessa 12enne divenuta il simbolo della protesta anti dad
Mentre a Torino Anita Iacovelli è diventata simbolo di una protesta silenziosa attraverso la quale chiedeva – facendosi portavoce dei propri compagni di classe e, più in generale, coetanei – di poter godere del diritto all’istruzione sacrificato in nome del diritto alla salute, a Milano negli scorsi mesi è nato il comitato A Scuola!. Fondato da genitori e docenti che hanno a cuore le sorti didattiche dei propri ragazzi, il gruppo ha presto replicato la propria esperienza anche in altri territori, come a Torino dove ieri alcuni insegnanti e genitori hanno organizzato un sit in davanti a Palazzo di Città, sede del municipio.
“Vogliamo rendere nota la nostra posizione rispetto alla didattica in presenza, nella quale crediamo fortemente – spiega Chiara Montinaro, insegnante di scuola primaria paritaria –. La dad crea tanta disuguaglianza e non favorisce l’inclusione. È utopico pensare che tutti gli studenti vivano le stesse condizioni economiche e famigliari per poter seguire da casa le lezioni: alcuni non hanno neppure la connessione, altri devono dividere con i propri fratelli l’unico computer o tablet a disposizione, altri ancora non sono seguiti dai genitori e dunque si collegano a singhiozzo”.
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A questi aspetti si aggiunge il disagio psicologico e l’impossibilità da parte dei docenti di affiancare chi ha più necessità di essere compreso e seguito: “I ragazzi stranieri e gli studenti che hanno difficoltà di apprendimento sono deboli tra i deboli. Non riusciamo a seguirli a dovere”, aggiunge Montinaro.
A dicembre lei e altri docenti si sono fatti promotori della petizione Dalla parte dei ragazzi, inviata alla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina e al presidente del Consiglio Giuseppe Conte: “Abbiamo raccolto circa 600 firme, ma a oggi nessuna risposta. Allora come oggi, ribadiamo l’importanza della didattica in presenza che può e deve essere svolta in sicurezza adottando tutte le misure. Personalmente, mi sottoporrò alla somministrazione del vaccino, non appena me ne sarà data la possibilità”.
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"La dad sta avendo conseguenze psicologiche pesanti sui nostri giovani. Da mesi vivono chiusi nelle loro case, sempre più dipendenti dai social. Se all’inizio avevamo accolto la dad con favore, ora non è più sostenibile"Paola - mamma del comitato A Scuola! Torino
Paola ha due figlie: la più piccola frequenta la scuola primaria, la maggiore il terzo anno di liceo in una scuola torinese. “Ho deciso di prendere parte, come organizzatrice prima ancora che come manifestante, al sit in per dare voce a chi voce non ne ha. Tocco con mano ogni giorno le fatiche a cui mia figlia adolescente va incontro, la solitudine e il disagio che la didattica a distanza le sta provocando, nonostante sia una ragazza alla quale non mancano la presenza della famiglia e la possibilità di seguire le lezioni da casa con tutti gli strumenti necessari. Questi sono gli anni più preziosi per i ragazzi, invece viene loro negata la possibilità di uscire, di vedersi, di vivere la quotidianità della relazione in classe e fuori dai contesti scolastici. Da mesi appartengono a quella fascia di cittadini che è stata dimenticata, alla quale non si rivolge un pensiero, una strategia strutturata che consenta di tornare alla normalità pur se in un periodo straordinario”.
Come Chiara Montinaro da insegnante, anche Paola da genitore concorda nell’affermare che “tutto questo sta avendo e avrà conseguenze psicologiche pesanti sui nostri giovani e sul futuro del Paese. Da mesi vivono chiusi nelle loro case, sempre più dipendenti dai social. Se all’inizio avevamo accolto la dad con favore, immaginando una situazione sostenibile, con il passare del tempo ci siamo accorti che non lo è più”.