Passaggi di vita e consumo di sostanze: una chiave interpretativa
Il pensiero terapeutico ed educativo sulle dipendenze si trova davanti ad uno scenario diversificato e complesso. Mai come in questi anni, seguendo la prospettiva dell’arco di vita abbiamo a che fare con un ventaglio così ampio di storie e di passaggi biografici.
Un approccio unificante e indifferenziato alle persone che usano, abusano e sono imbrigliate in un rapporto di dipendenza con le sostanze risulta quanto mai generalistico e inefficace. È però chiaro come, seguendo gli strascichi del dibattito attuale sul tema, alcune coordinate generali emergano e debbano essere difese come le precondizioni basilari di un approccio relazionale ed educativo al fenomeno.
In primo luogo affermiamo la centralità della persona, la necessità di oltrepassare una visione focalizzata sulla droga come “problema da eliminare”, per raggiungere uno sguardo pieno ed empatico alle storie dei soggetti coinvolti, per comprendere i moventi del loro comportamento, la funzione di questa pratica nella loro storia di vita: evitare di fermarci “al dito” della condotta di uso per rivolgere lo sguardo “alla luna” della biografia del singolo, per mettersi in ascolto di quanto ha da dire e per leggere con passione e curiosità le sue azioni.
È poi necessario sgomberare il campo da ogni revival paternalistico e di puro contenimento (il parossistico elogio delle catene come mezzo paradossale per emanciparsi dalla “schiavitù” della dipendenza) per restituire a questo fenomeno la giusta profondità e complessità: è il recupero in chiave attuale dello slogan “educare non punire”, per comprendere al meglio come il modo utile e rispettoso per approcciarsi alla dipendenza sia terapeutico, educativo, relazionale, quanto di più lontano dal tanto sbandierato quanto inefficace paradigma punitivo.
Non è assolutamente vero che “il fine giustifica i mezzi”, tanto più in questo ambito dove la modalità attraverso cui si accolgono e si accompagnano le persone con problemi di dipendenza imposta sin dal principio la proposta di cura. È solo attraverso la relazione, l’ascolto e l’empatia che si può fin dall’inizio difendere l’umanità di ogni storia, accompagnare le persone a recuperare e consolidare il giusto livello di dignità e di benessere. Umiliare e maltrattare non aiuta a cambiare, anzi consolida le resistenze ad ogni movimento e potenziale passo in avanti.
L’empowerment passa dal riconoscimento del protagonismo di ogni persona, “proprietaria della propria vita e delle proprie scelte”, in un cammino progettuale in cui gli operatori e i Servizi non accettano deleghe in bianco, ma co-costruiscono con i soggetti il percorso praticabile di cambiamento, in un processo che accompagni a riscoprire e valorizzare le aree di risorsa delle persone e affronti in un’ottica di cura gli snodi faticosi.
Queste sono sinteticamente la basi su cui pensiamo sia utile fondare una proposta di accoglienza e di trattamento, da declinare nelle modalità e nelle pieghe che segnano ogni percorso di vita. L’Università della Strada propone percorsi di formazione e di riflessione per cogliere i temi tipici di una lettura educativa e terapeutica delle situazioni caratterizzate da un problematico rapporto con le sostanze, declinandolo nei diversi momenti del loro ciclo di vita.
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