“Chi siamo quando nessuno ci guarda?”. Il convegno Ri.vi.vere in tre parole chiave

Angela La Gioia (Università della Strada) e Antonella Caprioglio (Regione Piemonte) durante il convegno Ri.vi.vere

Un fenomeno complesso come quello della violenza di genere richiede a sua volta una complessità di sguardi. Questa la cornice che ha guidato il percorso Ri.vi.vere, con l’obiettivo di attivare spazi di formazione e confronto tra gli operatori e le operatrici dei Centri per autori di violenza e professionisti dei territori piemontesi e valdostani che a vario titolo sono interessati al tema della violenza di genere.  

Il 20 marzo la Fabbrica delle “e” ha ospitato il momento di restituzione finale di questo progetto Il pomeriggio ha rappresentato un’occasione per raccontare il fenomeno della “violenza”, attraverso l’alternanza delle voci che si sono susseguite, con un’attenzione particolare alla multidimensionalità insita in tale tematica volta a rifuggire le letture semplicistiche che possono essere raccolte nell’assolutoria allegoria del “mostro dentro” in favore di una restituzione di responsabilità ma anche di possibilità di cambiamento. 

Ve lo raccontiamo per parole chiave.

“Ri-conoscere”, che significa dare il nome giusto alle cose, così come restituire un volto umano anche a chi si è portati a disumanizzare. In questa direzione vanno strumenti giuridici come il Codice rosso e dispositivi di accoglienza quali i centri di ascolto territoriali e la rete che il percorso formativo ha contribuito a consolidare. 

Un’altra delle parole chiave è “ri-cordare”, intesa come la responsabilità degli operatori sociali di rendere il proprio operato quotidiano evidenza scientifica empirica, sistematizzato e fruibile. Essenziale in questo senso è la valutazione dell’impatto sociale del nostro lavoro. 

Il dialogo ci “ri-mette” in una  posizione attiva nei confronti della comunità attraverso azioni di sensibilizzazione e ascolto.  Uno sguardo allenato ci consente di leggere la texture del tessuto sociale, le diverse consistenze che lo caratterizzano e anche la ricchezza dei percorsi che abbiamo saputo articolare, nell’ottica del diritto di accesso alle “cure” per chiunque, proprio in virtù della possibilità di cambiamento sopra citata.

In chiusura, risuona prezioso l’invito di Leopoldo Grosso a a lavorare con le persone con la passione di un giardiniere, utilizzando “domande sporche” e strumenti come il rastrello per creare nuovi spazi di possibilità e tornare a “ri-vivere”.

Clicca qui per consultare la legge 19 luglio 2019, n. 69, “Codice rosso”

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